Dark Tales 21: D&D 5e - L'unica cosa che non mi piace è... giocarla!


Ogni tanto, si cambia idea.
Le scelte hanno poco a che fare con la ragione. Le idee che ci facciamo sui giochi spesso è deviata dalla malinconia, dai ricordi, dalle prime esperienze e, soprattutto, dalle persone con chi li giochiamo.
Ho un ottimo ricordo di una splendida campagna da giocatore di Legend of The Five Rings, ma tra tutti i giochi in cui faccio da GM è quello che ho retto di meno. Lo guardo, lo leggo, creo qualche avventura, ma non riesco a mantenerlo in vita abbastanza a lungo come faccio con sistemi come AGE o classic D&D. 
Ho iniziato a seguire 5e sin dalla nascita, sin dalle sue prime iterazioni di "Next". L'ho vista crescere e mutare. Ho carpito tutto ciò che mi sarebbe piaciuto e ciò che non mi sarebbe andato a genio. 
L'ho accettata, alla fine. Ho accettato il patto con gli autori, come faccio sempre: entro nel mindset, non mi preoccupo della consistenza o del fatto che un gioco sia "troppo orientato al combattimento" (critica ridicola di chi non capisce che le regole per l'azione sono le uniche necessarie per giocare giochi di avventura). Prendo il gioco, lo studio e se mi attrae lo gioco. Creo una campagna, faccio emozionare qualcuno e poi valuto se e quando giocarlo di nuovo.


Ci sono titoli come Shadowrun 5e che apprezzo molto, ma che devo giocare "on and off", pena totale scoramento, vista la sua complessità (della quale proibisco di fare a meno, visto che in quel caso fa parte del suddetto mindset).


Ci sosno titoli come BX D&D o Fantasy AGE che giocherei per tutta la vita, tanto sono versatili. 

D&D 5e è entrata dritta nel mio cuoricino crudele come una freccia dopo un critico. L'ho recensita entusiasta e continuo a seguirne le uscite, a supportarla, a sostenere le richieste dei nuovi giocatori. Continuo a leggerla, a consultarla.
Ma ad ora, l'unica cosa che non mi invoglia a fare è... vediamo!


Occasioni Sprecate

Il primo aspetto (forse l'unico rilevante su un piano oggettivo) che mi turba è l'incoerenza tra midnset e ruleset. Da un lato, l'approccio free-form ed elegante sulla gestione delle azioni e della complessità ridotta fanno gridare al miracolo (e in parte 5e lo è), nella misura in cui riesce a distruggere l'obrobrio di 3.x e a riportare D&D a essere il gioco che dovrebbe essere (prende il buono da 4th edition, che io adoro e non l'ho mai negato, prende il buono da 3.x) e riporta in auge delle "norme" legate ai rulings che richiamano molto la vecchia scuola (che oggi è in realtà il criterio di design più all'avanguardia in assoluto).
Dal lato pratico, 5e propone un groviglio di opzioni rigide che mandano completamente in frantumi la supposta modularità. Sì, la costruzione di un tema è gradevole: scegli un background, scegli una razza e mentre crei la storia sviluppi il tuo percorso di classe. Refluffare è semplice e il bilanciamento assoluto è solo un problema dei trepuntocinquisti, limitati per natura (sul piano ludico). 

In realtà, però, il refluff in 5e non viene quasi mai stimolato. Le soluzioni offerte sono soluzioni già formate: i giocatori lo chiamano playtest, io lo chiamo fanservice e banalissimo strumento di espansione.
Il nuovo Ranger è una mostruosità (negativa) di design, potenziato solo perché i giocatori moderni non sono in grado di giocare un pg che sembra sottopotenziato sul combat (quelli che si lamentano quando un gioco è tropo combat oriented, segnalo). E io, illuso, che avevo recensito il Ranger base come una delle classi migliori degli ultimi ventanni di roleplay...
La 5e si propone come uno strumento per giocare tutte le altre edizioni: riesce nell'intento, l'adattamento è quasi nullo ed è forse l'unica edizione in cui potresti virtualmente non aprire mai il Mosnter Manual o la DMG, perché tutto è opzionale e il manuale base contiene opzioni per eoni di gioco.

Ma non lo fa come potrebbe farlo un elegante Swords & Wizardry, né come un sontuoso Fantasy AGE o un eccentrico 13th Age: lo fa in modo goffo, aggiungendo sottoclassi molto dettagliate, che però non vanno a riportare quella semplicità di cui si aveva bisogno e che viene tanto venduta col suo carattere pen & paper.

Il gioco, da un lato, è fluido e divertente (pochissime pagine dedicate ai tecnicismi, tante alle opzioni di personalizzazione su tutti i fronti), dall'altro è solo una scatola chiusa più capiente.
Non è un vero sandbox, non è un gioco di narrazione, non è il miglior gioco per il combattimento, non è sufficientemente mortale per risultare un grande ritorno al D&D pen & paper, non ha una semplicità tale da attirare i giocatori meno avvezzi ai regolamenti, non ha una modularità reale come quella presentata in Fantastic Heroes and Witchery, che ho recensito di recente, in cui puoi davvero inserire un talento per un giocatore, introdurre una sfera divina per un altro e far coesistere due personaggi presi da sottoinsiemi completamente diversi, con una semplicità (e al tempo stesso profondità) di base disarmante.
La 5e fa tutto "benino", soddisfacendo sulle medie campagne, ma fallendo miseramente nel tentativo di essere quel vortice coinvolgente che avrebbe dovuto essere. 



Hanno avuto l'occasione di renderla davvero accessibile, di donarle un tocco più distinguibile, uno stile più accurato... Ma no, torna a essere un manuale senz'anima, senza un vero mindset, spacciando la modularità per una filosofia, quando in realtà cerca di accontentare tutti nel modo peggiore, ovvero inserendo opzioni, opzioni, opzioni, senza che nessuna di queste risulti abbastanza flessibile. 
E' un pò il discorso dell'eccesso di codificazione: se hai 150 manovre tra cui scegliere, psicologicamente sei poco propenso a tentare l'improvvisazione.
Nei giochi vecchia scuola devi per forza usare l'ingegno e l'assenza di pilastri rigidi consente al GM di intervenire in modo sostanziale in risposta alle situazioni e alle idee dei giocatori: non che non si possa ignorare tutto comunque, ma farlo in 5e non avrebbe senso, perché è comunque un gioco che si basa su un numero sufficientemente elevato di paletti. Toglierne uno, significa creare un effetto domino pericoloso per la stabilità narrativa. 

Allora sì, il master dev'essere bravo a fare dei ruling e i giocatori bravi a crearne la necessità, ma di fatto gli appigli sono talmente tanti che alla fine, tutto si riduce a modi "nemmeno tanto creativi" di ottenere vantaggio o contrastare svantaggio.
L'ossatura base delle regole è gradevole, perché si legge in fretta, ti fa sedere al tavolo e ti fa pensare finalmente di avere sotto le mani un D&D giovane e versatile: in parte è vero, ma creare una scheda richiede tempo, la verbosità non è così limitata come avrebbe dovuto essere e certe offerte molto allettanti in prima lettura finiscono per risultare ridondanti. 
Da qui si comprende in parte il "piagnisteo" dei giocatori per il Ranger: la classe base è geniale di per se, perché offre un simpatico investigatore naturale senza necessariamente eccedere sul lato "battaglia", ma poi il gioco offre una versatilità "pericolosa" (perché si, a volte anche la totale libertà è un'arma a doppio taglio se il resto del sistema non viaggia sulla stessa linea d'onda), che praticamente consente con pochissimo sforzo di ricreare qualsiasi tema con qualsiasi classe.

Allora la scelta di background - razza - classe - talenti non è più il fantasioso mix & match proposto in sede di playtesting o nei primi mesi di vita del gioco, ma è di fatto un sistema di building "furbetto" per mascherare il crunch. 
Vero: ci sono feature uniche che rendono (per esempio) il ladro matematicamente più abile di fare certe cose rispetto ad altri e apprezzo comunque lo stile (derivato dall'old school) di consentire a tutti di compiere determinate azioni con le dovute difficoltà... Ma al tempo stesso, il gioco non incoraggia concretamente questo atteggiamento e si crea una "niche protection" invisibile, che però non tutela la professione, ma lo skill-set. 
Una combinazione di background e classe dovrebbe essere un tema, ma torna a essere solo una build, atta ad aggirare il sistema e a giocare un Ranger senza scegliere il Ranger.
L'esatto contrario di quelche cerco da un gdr, ovvero giocare un Guerriero come fosse un Ranger, senza aggirare il problema "tecnico", ma per puro scopo di tema del personaggio.
Persino Fantasy AGE, che propone un sistema di crescita rigido sul piano delle feature a tre classi, è sensibilmente più versatile di 5e. Perché lo sviluppo di caratteristiche/focus/razza/background è un asse meno decisivo nel dettaglio e più decisivo nell'insieme. 
AGE ti stimola ad acquisire focus "ruolistici" perché gli aspetti eroici sono ben delineati e tutto il resto è altamente personalizzabile.

Da qui, il discorso di cui sopra: un gioco che si occupa di gestire le situazioni convulse e non si spinge troppo oltre sul resto, di norma è superiore, perché lascia più spazio al GM.
In 13th Age è ammissibile perchè non finge di essere ciò che non è e le parti di manuale dedicate alla "fuffa" sono realmente sezioni utili al gioco.
Il sistema di Background di 5e non ha il potenziale fascinoso che hanno le Icone in 13th Age; le razze di 5e non hanno l'immediatezza narrativa di quelle in AGE.
D&D 5e ci porta dunque sul piano "emozionale" del pen&paper, ma resta sul registro tecnico delle ultime due edizioni. Finendo alla lunga per somigliare alla peggiore delle due.

Intrattiene

Sarei ipocrita, comunque, a negare che l'obiettivo basilare lo raggiunge: 5e è divertente. Combinare le risorse e stare attenti a non consumare "tutto e subito" occupa gran parte delle avventure, dentro e fuori dal combattimento.
C'è spazio per i rulings, c'è spazio per le buone idee: l'azione bonus è un'idea intelligente per gestire le azioni extra, vantaggio e svantaggio rappresentano un sistema molto gradito per sostenere master e giocatori nelle situazioni complesse e la sostanziale assenza dell'azione di movimento rende il gioco assolutamente adeguato a chi non ha voglia di perdersi in tatticismi fini a se stessi.

Sembrerà in contraddizione con tutte le critiche fatte finora, ma non è così. 5e resta un gioco divertente, preso com'è. Se non si ha la pretesa di renderlo ciò che non è e se si capisce che se vogliamo un pen & paper dinamico possiamo guardare altrove e trovare di meglio, 5e resta una valida alternativa per variare, un buon D&D per riportare in auge il gdr in un gruppo in cerca di un pò di linfa e dinamismo.
Azioni bonus, piroette, sistema di skill molto semplice, vantaggio e svantaggio: entra tutto in fretta, racchiuso in una decina di pagine che nessuno deve leggere al di fuori del GM, che probabilmente le leggerà soltanto una volta, per poi affidarsi al suo istinto.
Non necessita di altri manuali al di fuori del PHB, perché creare un avversario sarebbe elementare per chiunque anche soltanto trattandolo come PG semplificato (usando le proficiency, i saving throws e le armi e danni base come criteri).
Non necessita di miniature (anche se il dannato manuale del master le introduce come opzione, spingendo gruppi a distruggere l'unico aspetto davvero forte di quest'edizione, ma ognuno è artefice del proprio destino...) e non spinge alla conoscenza enciclopedica di regolette, praticamente inesistenti.
C'è un pò di book keeping, più di quanto se n'era promesso; c'è un pò di caos nella creazione del pg (troppi privilegi/bonus/dettagli da segnare al primo livello per diverse classi), troppe combo da battaglia per essere un free form... ma tutto in una misura contenuta, per cui accessibile.
Ammetto che anche la vicinanza di certi "vip" come Mercer nel canale Geek & Saundry di Wil Wheaton aiuta non poco, assieme a un art design immenso e a un look generale piuttosto accattivante.

Alla fine, resta dov'è

Giocherò ancora 5e. Ho già in mente come e con chi. E anche perché. 
Ma in linea di principio, quando fisso lo scaffale, non è il manuale verso cui mi dirigo. Non è il manuale che tengo nel mio proverbiale cassetto vicino al letto. 
Sta li, in attesa. Ogni tanto lo sfoglio, come desideroso di scoprire qualche arcano sfuggito, per poi ripensare al fatto che a poca distanza ho Fantasy AGE, Swords & Wizardry, White Box FMAG, 13th Age, Fantastic Heroes & Witchery, Dragon AGE (no questo non è ancora arrivato, ma siamo li... spoiler!!!)... e lo ripongo. 
Curiosamente, l'unico manuale che utilizzo (e utilizzerò a profusione) è il vituperato Swords Coast Adventurer's Guide, che rappresenta la mia idea di setting book, con un approccio sandbox delizioso e molte informazioni a mo di "racconto", utili per ricreare le atmosfere della leggendaria Costa della Spada in pochi passi. 
Lo uso. Tantissimo.
Con altri sistemi.

Quindi, tornando all'inizio: la 5e è divertente, si legge bene, la si compra, la si contempla, vi si prende spunto... ma il suo effetto principale è stato mostrarmi cosa cercavo veramente dal gdr dopo un anno relativamente caotico e da nomade ludico, dopo la folata di amore ancora vivo per 13th Age, che ha cambiato la vita a me e alla decina di giocatori che mi hanno seguito in quel viaggio.
5e è stato un momento, un amore estivo. 
Ora è una reliquia impolverata di buon valore, facilmente sostituibile.
Sempre bello è. 

Ma, come sopra, l'unica cosa che non mi piace fare con 5e è... giocarci. 

Commenti

Post popolari in questo blog

Dark Tales 33: Giocare per Scoprire

Forbidden Lore I: AD&D 2e (con Fabio Milito Pagliara)

Dark Tales 1: 5 motivi per giocare Old School (parte 1)