Shiny Loot 22: Conoscere FATE pt. I - One Toolkit to Rule 'em All!


Come ho iniziato a raccontare nel recente articolo comparativo, raggiungere FATE è stato un percorso tortuoso e complesso, che coinvolgeva in qualche modo diversi miti da sfatare, paure e dubbi.

La realtà dei fatti è che, com'è noto in qualsiasi community ruolistica aperta al "progresso", FATE è, in gergo, un game-changer. 


In soldoni: una volta che entri nel suo mindset, non vedi alcuna ragione di usare altri sistemi SE NON per il gusto di giocare più "tecnico" o di valutare comunque un approccio al gioco reattivo e non proattivo, come quello offerto dal sistema fate.


Non posso recensire il gioco, non ha alcun senso: i manuali sono praticamente gratuiti in pdf ed epub, il gioco è ormai conosciuto e continua a essere declinato in ogni possibile direzione, dal post-apocalittico all'hard sci-fi, dal fantasy classico all'horror, dal cyberpunk al noir, passando per scenari bizzarri e cinematografici, che vanno a inquadrare ciò per cui FATE è nato: riprodurre drammi con personaggi proattivi e competenti. 
Ovvero, il mio adorato mood da serie TV, da romanzo che cattura e che è in grado di catalizzare l'attenzione sugli eventi che circondano i pg, senza utilizzare stilemi di sorta.

Aprire La Mente

Ci ho messo qualche anno, credo. Come racconto negli articoli che troverete, una sorta di retrospettiva sul mio viaggio ciclico di andata e ritorno da e verso i giochi di stampo narrativo, questo approdo squillante nei territori per me ancora inesplorati di FATE è senz'altro una piacevole sorpresa. Da un lato, credo non sia altro che l'evoluzione naturale del mio modo di concepire avventure "a stagioni" e partorire giocate improvvisando al 90%. Libertà assoluta per i miei giocatori, gran parte dei quali sono di matrice totalmente narrativa, che lo vogliano ammettere o meno. 

Soprattutto, FATE è riuscito a catapultarmi in un mindset nuovo: NON è un sistema come gli altri, NON è in una categoria. E' FATE, punto. 


Gran parte dei principi e degli errori commessi vanno accartocciati e gettati: bisogna essere pronti ad accogliere una nuova ratio, quando ci si approccia a FATE.
Non consiglierò mai abbastanza il Book of Hanz (di Robert Hanz), master e giocatore appassionato che ha scritto un saggio sul gdr che andrebbe studiato nelle scuole e in cui mostra la transizione tra una qualsiasi forma mentale ruolistica a quella proposta da FATE, che non ha la pretesa di essere più o meno "indie" o più o meno "mainstream" (accontentando poi di fatto un pò tutti), ma semplicemente diverso (accontentando di fatto solo chi si sforza di capirlo, in ultima analisi).

E' un gioco che si propone ottimamente, con un linguaggio chiaro e discorsivo, il manuale praticamente privo di tabelle, con un gergo e un approccio al sistema che ruota interamente attorno al "discorso", alla "fiction" e alla narrativa, riuscendo comunque a offrire delle regole che siano utili a sostenere tali principi.

Spesso commettiamo l'errore di affidarci al libero arbitrio nel modo sbagliato: l'idea che in ogni gioco si possa fare tutto è pura follia. Uccide il senso creativo e la varietà culturale.
Il punto è che ogni gioco è pensato per svolgere al meglio alcune opzioni. Persino i sistemi generici sono studiati in modo tale da garantire non tanto la riuscita in termini di genere, quanto in termini di stile.

In questo, FATE somiglia molto al Cypher system (o viceversa): i due giochi si propongono uno stile narrativo fluido, cooperativo, proattivo e decisamente "sparato" in termini di dramma. Ai giocatori non viene proposto uno schema rigido a crescita verticale (impossibile da emulare se non giocando ad altri titoli, ottimi per quel tipo di esperienza - che adoro), ma un sistema in cui, sin dall'inizio, si ha la sensazione di avere sotto mano dei "protagonisti", che poi possono anche cedere il passo agli altri, se la narrazione detta quel tipo di percorso.

In FATE, la richiesta che si fa ai giocatori non è quella di controllare il sistema, perché è talmente ben fatto e parte da un presupposto talmente elementare che rende praticamente impossibile qualsiasi tentativo di "power playing" (di quelli brutti): fiction first, rules next.

A molti sembrerà scontato, ma NON lo è. Vi stupireste, se fossimo oggettivi al 100%, di quante volte ci ritroviamo a compiere descrizioni svuotate, spesso seguendo i tiri di dado, ovvero raccontando quel che il sistema ci porta a raccontare. Non c'è nulla di male, è uno stile, ma non mi basta più. Molto tempo fa, eravamo abituati a descrivere tutto PRIMA che accadesse e quasi a rifiutarci di utilizzare sistemi troppo cervellotici (cosa falsa, visto che, riferendomi al Vecchio Mondo di Tenebra, quei titoli presentavano sistemi anni 90 che da un lato inneggiavano alla narrazione, ma dall'altro erano figli della super-modularità di AD&D 2.5, Cyberpunk e via dicendo).
La realtà dei fatti è che, nel tempo, ci si va via via "tecnicizzando": io stesso sono un folle appassionato dei sistemi e delle ratio che li dominano. Adoro capire e giocare qualsiasi titolo e, spesso, gran parte del divertimento è insito nei sistemi: guardate Fantasy AGE, 13th AGE, Numenera e altri simili.

Il punto è che, alcuni di questi titoli, nel tempo, hanno iniziato a riabbracciare la parte buona del design indipendente, quella che (molti anni fa), mi fece crescere con Angeli e Demoni, Elish e giochi in cui bisognava sforzarsi di sospendere l'incredulità per dar vita a storie di fatto molto avvincenti!

13th AGE e il design indipendente che conta

13th Age (come spiego nei capitoli di approfondimento paralleli) è stato la chiave di volta: dopo anni trascorsi a giocare a D&D, L5R, Kult e molti giochi che, volenti o nolenti, erano ambientazione E sistema al tempo stesso, ritrovarsi un gioco con un'impostazione simile che però abbracciava con grande maestria un certo tipo di design intellettuale, era senz'altro un tuffo notevole verso l'ignoto.

E' cambiato tutto in un colpo. Chiunque abbia preso parte alla mia lunga e tutt'ora in vita epopea ambientata al termine della 13ma era che ha visto 3 imponenti archi narrativi e innumerevoli sequel/spin-off, sa che quel gioco ha cambiato PER SEMPRE il nostro modo di giocare. E' un altro gamer-changer. Un sistema che coadiuva in modo impeccabile il crunch del d20 con aspetti cooperativi e profondi come la One Unique Thing e i Background, che consentono ai giocatori di SUPPORTARE le scelte ruolistiche attraverso le regole, per poterle poi intessere nuovamente nella storia, in un continuum senza fine.

E allora ecco che il giocatore X mi dice che le voci che sente provengono da un Dio... QUEL DIO, di cui non conoscevo l'esistenza, ora è parte della storia. Il giocatore mi ha comunicato inconsciamente di voler scoprire un nuovo dio, che non fosse un "dio della luce e delle tenebre", ma il SUO dio.
Così, al tempo stesso, il personaggio fuggito alla prigionia degli elfi, mi suggerisce che gli elfi fanno prigionieri e schiavi, cosa che io non potevo dare per scontata. Quel giocatore, mi ha proattivamente proposto di inserire quel tipo di storia.

Questi piccoli ragionamenti inconsci, mi hanno fatto riflettere sul potere assoluto che certe meccaniche hanno sulla creatività di giocatori che, per anni, si sono dati per vinti, con la scusa "passa il tempo, cala la fantasia". FALSO. Siamo NOI gli artefici del crollo. E' la nostra orrenda abitudine di dimenticarci e ignorare quegli aspetti del gioco che potenziano ciò che vogliamo fare.

Badate bene: vale lo stesso discorso al contrario. Un giocatore che cerchi un'esperienza molto crunch, seppur ruolistica, avrà la stessa epifania scoprendo Starfinder, per dirne uno. O Shadowrun. 

Accogli il tuo Destino


Vedete, QUESTO è il punto di rottura. In questa fase, in cui gioco a Dragon AGE, 13th AGE, White Star, Lamentations of The Flame Princess, Shadowrun... vedo una miriade di mondi diversi, di sistemi e di approcci al gioco che a volte si incontrano a volte fanno a pugni.

Quel che riesco a percepire alla luce di tutto ciò, è che la mia ricerca di FATE sia essenzialmente il passo più immediato per poter tentare qualcosa che sia davvero nuovo, ma in termini di mindset.
Perché, lungi da me dall'affermare qualcosa di simile in vece di altri, FATE è il mindset di cui ho bisogno per raccontare storie assieme ai miei compagni di avventure, come piace a noi. 


La difficoltà più grande è capire come un toolkit di questo genere ci consenta di rivedere le priorità al tavolo, porre i giocatori (e i personaggi soprattutto) in una condizione per cui non bisogna usare (geniali) sotterfugi sistemici per inculcare un pensiero: FATE è così lungimirante e fluido, che, basandosi sostanzialmente soltanto su delle "frasi" (aspetti), rende praticamente impossibile alcun fraintendimento e rende possibile qualsiasi realtà.
Oggi non riesco a pensare a qualcosa come giocare a D&D / Eberron, ma penso a giocare ad Eberron. Punto. Posso farlo perché ho un toolkit che mi permette, con un lavoro di circa 15 minuti, di catturare il "feel" di un setting e di portarlo in FATE senza curarmi troppo dei tecnicismi.

Questo non significa minimamente che FATE non sia un sistema profondo, anzi: scoprirete che lo è, anche nella sua apparentemente scarna versione Accelerata, ma l'asse si sposta dalla profondità strategica della gestione e creazione dei pg alla profondità contenutistica, al livello di interesse che quel personaggio suscita per se stesso e per gli altri (dentro e fuori dal gioco).
E FATE è talmente ben scritto e concepito che (parafrasando gli autori), se si vuole massimizzare un personaggio, basta massimizzare l'interesse che suscita. E' davvero così!
FATE supporta la massimizzazione dell'interesse e del dramma attraverso un semplicissimo algoritmo di azioni che non sono prettamente matematiche e che NON ESISTONO se non viene descritto IN GIOCO quel che accade.

In FATE non si possono prendere i dadi, tirare e vedere che accade, perché il giocatore NON può tirare i dadi, se non narra, poiché le regole sussistono per aiutare il personaggio a fare quel che vuole, non come muro tra lui e le scene. I tiri superflui sono tutti quelli che, sia per fallimento che per successo, non produrrebbero risultati apprezzabili. Laddove un personaggio agisce in accordo con il "patto tacito" di inizio campagna (se giochiamo in Harry Potter e un personaggio è uno "Studente al Secondo Anno di Hogwarts", non dovremo stupirci se il personaggio evocherà degli incantesimi dei primi due film di Harry Potter, per fare un esempio pratico).

FATE può essere granulare, specie nella sua versione Core: può fornire strumenti al fine di creare e ricreare incantesimi, oggetti e quant'altro, ma soltanto se nel criterio della campagna è interessante e sempre senza risultare invadente.

Se prendete l'ambientazione italiana Evolution Pulse, noterete che c'è un accento (quanto meno estetico) sull'equipaggiamento: ora, potete trattare l'equipaggiamento come aspetto "assodato" (vedi sopra) oppure come un "extra" da aggiungere e regolamentare, ma questo può essere fatto a seconda delle esigenze e del gusto del tavolo. 


Un gruppo potrebbe accettare l'idea (la migliore) che un personaggio Cacciatore di Vampiri abbia sempre un paletto in tasca e/o attrezzi adeguati a cacciare i vampiri... Un altro tavolo potrebbe voler introdurre qualche variante per cui magari non tutti possono prendere un paletto e ammazzare un vampiro.

Questo altro specchietto per le allodole ci tradisce spesso: si confondono free-form e rules-light, così come profondità del sistema e profondità del gioco, o ancora, profondità tattica con complessità. Sono aspetti del tutto diversi e vanno presi per quel che sono.

FATE NON è un gioco free-form. E' un gioco rules-light per certi aspetti, ma è un gioco profondo. Tre qualità che non sono interscambiabili.

Un esempio opposto, Pathfinder è un sistema profondo e, probabilmente, lo è anche il gioco che produce. E' senz'altro complesso.

FATE esula da qualsiasi schema: come vedremo nei seguenti articoli di approfondimento, FATE non ci propone un sistema canonico che contestualizza le azioni. FATE decontestualizza le azioni, perché non ha un genere, non ha un'impostazione "tecnica", ma soltanto ludica.
Il manuale non ci dice necessariamente che "attaccare" significa "picchiare", perchè NON è così, perché in certe campagne non si attacca mai nel senso "classico" del termine. FATE ci dice soltanto cosa fare, interpretando le descrizioni e andando (quando serve) a lanciare i dadi (con meccaniche davvero semplici) e a mettere in gioco (sempre attraverso le descrizioni) gli aspetti caratteristici del nostro personaggio.

Come approfondiremo, un "aspetto" non è quasi mai intrinsecamente negativo o positivo: l'utilità di avere degli "aspetti sul tavolo" è un promemoria utile a tutti per ricordarsi quali sono i punti cardine della scena (qualora valga la pena tratteggiarli) e consentire a tutti di interagire con la narrazione. Il che non significa che la figura del master non abbia potere, anzi... Contrariamente al pensiero comune, il GM è, se vogliamo, persino più "potente", poiché non vi sarebbe nessun'altra barriera tra lui e un gioco senza confini.
Il GM in FATE ha un ruolo molto importante, ma assieme al suo, si accresce quello dei giocatori che, interpretando personaggi proattivi, vanno in gioco a smuovere le corde sensibili della trama e sul tavolo a dichiarare come ciò accade.

E' questo l'elemento straordinario, per nulla scontato e assolutamente superiore sul piano del design: un pò come in Dark Souls si ha la sensazione che meccaniche e lore vadano di pari passo. E' esattamente quello, il concetto.
In Numenera, si ha spesso l'idea che quel che si fa corrisponde a ciò che accade in gioco, perché la tendenza è quella di risolvere le cose in modo narrativo, proporre soluzioni geniali a problemi reali, usando punti "effort" che rappresentano lo sforzo "narrativo" del personaggio per uscire da una brutta situazione.

Stesso in 13th Age: quando si sfrutta un "6" su un tiro di relazione, lo si fa proponendo al tavolo una soluzione narrativa che sia coerente col pg e con la storia, così come quando si propone un background si deve necessariamente inserire un elemento di storia che convinca poi il GM a consentirci di usarlo!
Fiction first, rules next. Prima la storia, poi le regole (se servono).

Aprire la mente, repirse

La chiave più importante è quella di essere disposti a mettere in discussione il proprio modo di giocare (se si avverte la necessità di andare oltre) e accettare i precetti base del mondo di FATE. Anche svolgere questo importantissimo passo (a occhio, capire le prime 10 pagine del manuale) può essere un enorme passo avanti.

E attenzione: non è un caso che esistano degli interi saggi come il sopracitato Book of Hanz che parlino di FATE. Oggi probabilmente ce ne rendiamo conto appena, ma vi renderete conto che, come D&D rivoluzionò il mondo ludico, FATE lo farà di nuovo, in merito al gioco di narrazione, poiché è l'evento più sensazionale accaduto nel mondo del gdr da molti anni a questa parte.
Ovviamente parlo della sua ultima incarnazione, alimentata da un flusso possente di titoli di tutto rispetto e altri decisamente scadenti: un frutto naturale di un progresso di trial and error, per intenderci tra nerd.
Al tempo stesso, FATE alimenterà (e alimenta già) moltissimi spunti ludici, ma quando ti ritrovi in mano un "modo di giocare" così versatile e che si presta così bene al taglio "drammatico" (diffidate da chi vi racconta che FATE non può essere usato per tutto, MENTE, poiché non ha limiti di genere, semmai di approccio, ma ne parleremo poi), non ha molto senso guardare altrove, se non per ragioni molto specifiche.

Per intenderci: dovessi giocare a Cyberpunk, giocherei con FATE. 
Volessi giocare a Mass Effect (che ha un sistema non ufficiale di fatto), FATE me lo permetterebbe. 
Volessi riprodurre le follie de La Casa di Carta? Ottimo, posso farlo.

Tutto, davvero tutto.
La difficoltà sta nel muoversi al suo interno senza scambiare il suo modo minimale di porsi con un sistema schematico di gioco, perché è un errore (equivalente a dire che D&D esiste solo per ammazzare cose, è falso).
Il fatto che FATE si presti ottimamente alla narrativa drammatica letteraria e cinematografica non implica che non si possano giocare persone "normali"... Anzi, noterete che in FATE, persino gli eroi finiranno per somigliare di più a una persona comune, in termini di contenuti, poiché non si collezionano abilità e caratteristiche, ma si raccontano limiti e concetti chiave, ci si rapporta con le sue relazioni e le sue arti segrete, mai in senso univoco. Il suo interesse è la chiave del potere, perché l'unico potere che conta, che si narri di divinità, supereroi o contadini, è quello di riuscire a giocare e raccontare una storia memorabile, con un sistema intelligente a supporto e non alla guida... e con tanto, tanto spazio al dramma personale, alle scelte, alle tentazioni di tutti i giorni.

FATE è, letteralmente, un modo di porre il destino dei personaggi nei contesti più disparati, sfruttando meccaniche ludiche semplici ed evocative al solo fine di renderlo interessante, produttivo e strumento di condivisione.

FINE PRIMA PARTE!

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