Shiny Loot 30: Personaggi e Consistenza Narrativa


Oggi non recensisco. Oggi voglio prendere spunto da tre discussioni agghiaccianti viste su tre comunità web legate al gioco negli ultimi tempi e su cui rifletto da un pò. 
Da un lato vi è il peso massiccio di una cultura retrograda che vede i "personaggi" sempre e comunque al centro di tutto, cultura di cui ero pioniere e da cui mi sono ampiamente discostato... Salvo che quel che si va a raccontare non richieda quello specifico approccio, ma andiamo per gradi. 
In secundis, connesso al primo punto, vi è il concetto di "PNG" visto da decine di prospettive, riassumibili in tre macro-gruppi: chi li vede come degli "accessori", chi distingue tra "nameless NPC" e "NPC" e chi invece li considera esattamente come i personaggio giocanti. 
In ultimo luogo, si parla spesso di contaminazioni (come da serie TV o da videogiochi) in chiave negativa, quando è evidente che l'influenza non può che essere positiva per evolvere il gioco e restare al passo coi tempi. Questo però è tema di un altro post.


Intanto, affrontiamo i due punti cardine (in realtà uno con due volti) per ordine.

La Storia, i PG e i PNG

Ci sono un paio di assunti che vale la pena evidenziare. 
Prima di tutto, questo articolo va senz'altro letto attraverso una lente speciale: la mia. Ognuno è libero di fare da GM come vuole e di risolvere le sue serate come meglio crede. 
In secondo luogo, tenete conto che quanto scriverò è frutto anche di un'evoluzione personale, che mi ha visto rimbalzare da un lato all'altro, per poi approdare (almeno per ora, solo i cretini non cambiano mai idea) a una posizione diciamo abbastanza solida. 


Tanto per iniziare, scrivere una storia è sbagliato. E' un presupposto che dobbiamo marchiare a fuoco su questo discorso, se vogliamo capire tutto il resto. Non scrivo storie, ma degli "input" e i mondi che li circondano. E' molto diverso.
Non è un mistero che mi diverta a giocare a capo tavola e non c'entra molto l'esibizionismo: ha più a che vedere con un approccio mentale che mi pone sempre in una situazione creativa, cosa che faccio involontariamente anche quando siedo come giocatore/pg, portandomi a divagare mentalmente, a ragionare oltre ciò che vedo e a finire per sentirmi insoddisfatto.

Questo perché ho sempre visto il ruolo del GM come quello di un giocatore con compiti specifici, come di fatto è sempre stato. Preferisco giocare decine di PG piuttosto che uno soltanto e preferisco divertirmi a reagire come se fossi loro, di volta in volta (tant'è che è uno dei miei punti di forza narrativi).

Questo porta a due inevitabili conseguenze stilistiche: i giocatori si sentono liberi di agire e interagire col mondo circostante, vedendo magari una traccia assimilabile a una "storia portante", decidendo però di renderla secondaria o addirittura di ignorarla. Libertà assoluta.
In tal senso sì, i pg sono un pò padroni della loro vita, ma attenzione: la verità è che questo approccio premia innanzi tutto i giocatori. Per questo, nella premessa ho fatto questa distinzione: i giocatori devono essere sempre protagonisti, con la loro fantasia e le loro idee, ma questa prerogativa non si trasferisce automaticamente ai loro pg, che sono parte di un disegno più grande, di cui loro possono essere artefici o meno.

L'approccio contrario, quello del pg protagonista è valido in certi contesti: in giochi proattivi come FATE o GUMSHOE, la presenza del personaggio è posta in un modo leggermente diverso, demandando a lui la scelta di certe azioni normalmente "passive" (aka, fai un tiro di percezione). In quel contesto, allora, è più probabile che la storia ruoti attorno alle azioni del personaggio, ma la differenza è comunque sottile. La drammaticità di un percorso può comunque condurre un personaggio in una condizione di sudditanza nei confronti di una trama, magari creata proprio dalle sue azioni.

Quel che intendo, è che a lungo termine, sacrificare una storia per salvare un pg è un'azione, a essere gentili, da cultura medievale.

La parte spinosa del discorso diventa infernale quando parliamo di png. Tornando all'assunto numero uno, ovvero che parlo sempre attraverso la mia medesima lente, il discorso non cambia: i PNG non vengono costruiti come macchiette. Sono dei PG che hanno tutto il diritto, il dovere e l'onere di agire e reagire esattamente come farebbero i persoanggi degli altri giocatori.
La verità è che per fare questo serve un master molto consapevole e, senza modestia, io riesco a farlo senza problemi. Comprendo la difficoltà io stesso, però, nel gestire queste situazioni su larghissima scala, anche se esistono vari trucchi di cui vi parlerò più avanti.
Per ora, basti dire che questo dovrebbe NON spingere i master a creare tantissimi png slavati, ma a crearne pochi molto significativi e a rispettarli come rispetterebbe dei pg, spingendo i giocatori a fare lo stesso.



E' triste giocare con persone anche molto abili e vedere come si aspettino che un png sia sacrificabile, sia una macchietta ferma li pronta a fare da carne da cannone (se parliamo di D&D) o a rispettare tutti i capricci dei pg di turno, senza pensare che quel png ha una storia, una morale e delle motivazioni.

Il master bravo le gioca tutte, entra letteralmente nel pg che sta interpretando e gli da vita. Se quel personaggio "non giocante" ha tutte le ragioni per ammazzare un PG, deve poterlo fare, senza sconti o benefici: lo fa esattamente come accadrebbe al contrario. I sistemi, dopotutto, servono a questo (questo è materiale per altra discussione, ovvero l'idea che il sistema sia un impiccio... quando è la carta vincente per risolvere QUESTE situazioni in modo imparziale).

Ora, badate bene: se il master ha dei problemi psicologici e usa il png per ottenere benefici personali, è un giocatore malato, come i power player che giocano per i numeri: qui si da per scontata la lucidità di un GM.
Non stiamo affrontando una diatriba tra master buoni e master cattivi: stiamo dando per assodato che il master è sano di mente e che i giocatori non siano dei bambini degli anni 80.
Stiamo ragionando in un contesto maturo in cui è naturale che tutti i giocatori (tutti, quindi anche il GM) giochino al meglio delle proprie possibilità, senza secondi fini.

Il master che utilizzi un PNG per fare storia è ragionevole; un master che per guidare la storia ammazza un pg senza usare i dadi, è un folle (lo feci, ma la mia giocatrice sa che non si poteva fare altrimenti... provare per credere :) ).

Consistenza

Dal punto uno arriviamo al punto due: la consistenza narrativa. La storia può riguardare mondi paralleli, un semplice giallo, una storia cthulhoide piena di cliché o il fantasy più classico... Ma se i personaggi (tutti) agiscono e reagiscono in modo coerente, la sospensione dell'incredulità si rafforza. Anzi, si genera una "barriera" concettuale che spinge i giocatori (tutti) a vivere la storia più assurda nel modo più umano possibile. 

Non importa se il cattivo è nascosto tra i giocatori lato tavolo o è tra i personaggi del gm, per dire: quel che conta è che le sue azioni siano tali da rendere giustizia al narrato, agli eventi creati come gruppo. La potenza narrativa e, quindi, la solidità stessa dell'avventura, si va a mostrare lì, nei nodi fondamentali, quando (e ricito uno scrittore famoso per la lentezza) i personaggi compiono scelte cruciali per la loro esistenza

Sebbene questo discorso vada inevitabilmente ad aprire miriadi di discussioni che affronterò volentieri anche in altri post, come già annunciato, il nocciolo resta lo stesso: la consistenza dei personaggi (tutti) è l'unica strada verso la consistenza narrativa dell'avventura.

Se un personaggio che dovrebbe ucciderne un altro non lo fa "perché è un personaggio" o se un "png non uccide un personaggio dei giocatori perché non si spara in faccia a un pg" sta accadendo un'anomalia se quella è l'unica soluzione narrativa possibile.



Queste sono le riflessioni che non solo mi hanno spinto a cavalcare una delle mie piccole doti da GM (ovvero la capacità di rendere "vivi" i png, anche i più stupidi), ovvero a fare tesoro di quanto di buono c'è, limitando i difetti, ma che mi hanno cambiato (in meglio) anche nella gestione delle partite: tirare i dadi in faccia, sapere quando è il caso di fare un passo indietro "senza" che i giocatori se ne accorgano, sapere quando fidarsi del regolamento anziché usarlo a caso... 

Non mi fido del master che gioca un png come una "macchietta", come non mi fido del giocatore che gioca un pg come uno strumento per passare due ore. 
Se giochiamo di ruolo, dobbiamo avere le palle di farlo a trecentosessantagradi, accettando anche quando (salvo palesi follie di carattere personale e/o di natura psichiatrica) la situazione e le fitte trame di una storia, come un fiume in piena, travolgono il personaggio di turno (nel bene e nel male), investendolo di immane gloria o dannandolo con una morte cruenta (o peggio). 

Questo porta a riflettere anche sulla necessità delle contaminazioni: serie tv e videogiochi, sistemi di comunicazione moderni, devono poterci influenzare e se oggi abbiamo qualche master sano di mente che riesce a dare vita a personaggi e a sostenere lo sviluppo di storie molto drammatiche (grazie anche a giochi superlativi come Fate, sistemi narrativi come 2d20 o altre recenti scoperte) è proprio grazie a questa evoluzione.

Anche giocando old school come piace al sottoscritto si ha un gran margine di miglioramento in tal senso: il compagno di viaggio diventa un vero e proprio personaggio cui affezionarsi; il "villain" diventa un incubo anche tra le sessioni e il "comprimario" (aka, il marito di uno dei pg) diventa una persona da adorare, odiare, detestare o persino seguire, a seconda. 
Ma anche qui, siamo già sui confini di un altro articolo...

In definitiva, il passo avanti lo si fa quando si compiono due passaggi mentali semplicissimi, uno all'indietro e uno in avanti: il primo è ricordare che il GM è comunque un giocatore; il secondo è che i personaggi sono tutti personaggi, al di la della loro denominazione tecnica.
Poi ci sarebbe anche il terzo punto: ricordare che i giocatori e i personaggi sono due entità distinte, ma non sul piano dell'immersione. E' ai giocatori che si deve un totale senso di libertà e appagamento attraverso le vite dei loro alter ego, ma ciò non implica che questi alter ego debbano essere i deus ex machina della storia. Lo saranno quando la situazione li condurrà ad esserlo (per avvicendamenti, un piano geniale, un pò di fortuna coi dadi, etc) e non lo saranno quando qualcun altro, inesorabilmente, avrà il proverbiale coltello dalla parte del manico.

E visto che siamo marchigiani e i dialetti sono il sale dell'esistenza, cito una saggia e adorabile vecchietta che adoravo: "A chi tocca n'se ingrugni."

Aloa.


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